Era un vecchio lupo scout

Peppino Spinelli era un vecchio lupo scout.

E, come tutti i lupi, era nobile di portamento, iroso, se necessario, libero, solitario e, allo stesso tempo, felice di stare con il resto del branco.

Era una di quelle rare figure di uomo senza età, adulto eppure caparbiamente giovane, consapevole delle proprie esigenze, dei propri diritti, dei propri desideri, sempre alla ricerca di esperienze nuove, di nuovi interessi, di idee nuove da studiare e divulgare.

Era tornato in Calabria dopo molti anni, nel corso dei quali aveva svolto molteplici attività nella sua veste di Dottore agronomo e di esperto in educazione ambientale, di consulente del Ministero dell’Istruzione e ricercatore al CIREA dell’Università di Parma, di insegnante, scrittore, saggista, poeta; già insignito del premio “Consiglio dei Ministri” e della ”Medaglia d’oro dei calabresi” per le sue pubblicazioni ed iniziative in materia di rispetto e cura dell’ambiente.

La Calabria era la sua terra, le sue radici, che lui riscopriva ogni giorno all’ombra degli alberi della sua tenuta, le querce, gli olivi, che amava chiamare con nomi di persona e che mani criminali hanno tentato di strappargli con la minaccia diretta o con il fuoco.

Uomo d’un pezzo, colto e intelligente, ha strenuamente resistito alle pressioni soffocanti di coloro che volevano cancellarlo dal suo mondo ed ha, con coraggio, testimoniato che si può fare, si può costruire un baluardo di dura roccia, non comprimibile dalla malvagità umana, ci si può opporre alla sopraffazione mafiosa resistendo e denunciando.

Peppino era tornato per realizzare un sogno: ridare lustro alle sue terre, che voleva coltivare e nelle quali voleva accogliere, con un percorso ecoturistico, visitatori e viandanti occasionali.

Convinto ecologista, viveva immerso nella campagna insieme ai suoi cani, che lo hanno vegliato fino all’ultimo quando un monolito di metallo e cingoli lo ha travolto uccidendolo, restituendolo a quella stessa terra che aveva tanto amato.

Il narratore di un suo scritto, Crocco, un olivo del suo podere, ne fa un realistico ritratto: Seduto qui tra le mie radici, appoggiato al tronco annerito dagli incendi che ignoti noti appicciano per farlo andar via, mi parla l’uomo che da non pochi anni coltiva questi appezzamenti … Parla con noi, come se fossimo persone amiche; parla dell’olio buono, del suo odore e dei mezzi per ottenerlo. Parla del dolore per gli alberi bruciati. Parla dell’orgoglio di continuare nonostante tutto. Lui non si arrende. Parla del coraggio … Mormora “Quanto abbiamo dovuto patire. Alberi bruciati non morite, per l’amore che vi porto. Potete parlare tra di voi? Lo spero. Ditelo a tutti, come sapete fare meglio, che vi voglio bene. Date frutto buono ché ne ho bisogno per vivere. Sto anche pensando a un qualcosa che possa far progredire la nostra zona. Seminare a Seminara, antica fortezza sulla via del Faro, mi sembrerebbe cosa buona per un futuro raccolto anche se vi è chi ara contro. Sono certo che sarete con me, non ci arrenderemo: avete tutti nomi per brigare, coraggio per resistere alle prevaricazioni e forza morale per combattere una nostra battaglia di dignità”.

E da un altro dei suoi bellissimi libri si capisce il suo animo combattivo e moralmente integro, sempre alla ricerca di un modo per aiutare la sua terra: “L’ambiente è ricco di stimoli ma questi vanno riconosciuti. L’ambiente è ricco di ostacoli e questi vanno rimossi. Vi è un impegno personale e un impegno collettivo da perseguire. C’è una testimonianza da dare con coraggio, un comportamento da mostrare con coerenza, un aiuto da offrire con disponibilità, un impegno da realizzare con responsabilità. Non vedo altre scelte se desideriamo una buona qualità di vita, nella nostra Calabria, per viverla e farla vivere con onore”.

Amava la vita ma era consapevole della sua caducità: “Quando ogni cosa sembra abbattersi su di te, cammini allora a quattro zampe e preghi per essere salvato. La preghiera è il canto del cuore, scriveva Gibran. Preghiamo dunque per essere forti … Ho il cuore in gola che mi toglie il respiro e penso che dovrò muovermi in fretta, non vivrò a lungo. Vorrei vedere la fine. Vorrei incontrare persone e parlare con loro, vorrei mostrare ciò che con l’aiuto dei miei alberi abbiamo fatto. Un cammino ci vede muovere verso mete da cui altri che incontriamo provengono. Ognuno con esperienza diversa. Vorrei sapere della meta e non tirare diritto sicuro del fatto mio. Non voglio perdere il contatto, il partecipare, il comunicare, il sentire. Occorre arrivare, finire presto ciò che è giusto fare.

E ricordando le parole di B.P continua: Lasciare, se volete, una traccia di noi in ciò che ci rimarrà alle spalle in modo che il mondo sia “migliore di come lo si è trovato” … In inverno si semina e si lavora per il raccolto dell’estate e dell’autunno. Il risveglio porterà i frutti e i sogni incitano a prepararli. Un anno intero è il ciclo continuo della vita che si festeggia anche se quando arriva la festa è già finita. La festa è preparare la festa; vi è la speranza di un altro anno e un altro anno ancora. Ho piantato i semi di un bosco che forse non vedrò mai, ma è la goccia che ha preparato la festa che verrà. Per oggi ho finito, domani sarà un altro giorno”.

Da uomo di profonda fede, rafforzata anche attraverso la ricostruzione del percorso di S. Fantino nella terra calabra, ha scritto mirabili pensieri sul rapporto con l’Onnipotente e la preghiera: “Preghiera è darsi dei propositi di stare attento, avere la giusta fiducia verso gli altri e superare la scoperta che ogni volta ricadi nello sconforto per poi recuperare te stesso e ciò che ti sembrava perduto. Un principio ed una fine. Un principio nuovo e una nuova fine. E allora confidi e tiri fuori questa carta segreta perché sei certo che Dio ti salverà … Preghiera è dunque capire che tante sono le vie per essere salvati e numerose le proposte che occorre intercettare e riconoscere. E’ questo il rapporto con Iddio, questo parlarci, questo chiedere, questo esserci, questo interagire, questo amore reciproco … ma non è chiedere la preghiera. E’ dare … E se, invece, alla tua presenza, immerso in ciò che hai creato, Ti penso ringraziandoti senza chiederti nulla? Se prego per gli altri? Se ti ascolto nei momenti di silenzio del mio cuore? E se ascolto gli altri perché hanno bisogno di sentirsi ascoltati? Confido che questa sì, al di là di quanto ho scritto, sia preghiera”.

Per tutto questo, e per tanto altro ancora, Peppino rimarrà nel cuore di tutti gli adulti scout della sua comunità ma anche nel cuore di tutti quelli che lo hanno conosciuto. E continueremo a ricordarci di lui attraverso le sue parole“…il passato viaggia con noi nel futuro… il passato non si distrugge mai del tutto”.

Come comunità ci impegniamo a seguire la strada che ci ha mostrato, la strada di adulti che amano il creato, che credono nella legalità e nell’impegno e che combattono per le proprie idee. 

Ciao Peppino e grazie per tutto ciò che ci hai insegnato…                                                                            

(Francesco Campolo)

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